Esce venerdì 25 marzo “Ogni possibile imperfezione” (distr. Pirames), il nuovo album di Cosimo “Zanna” Zannelli che, dopo una lunga carriera come chitarrista accanto ad alcuni nomi eccellenti della musica italiana (Piero Pelù, Litfiba, Gianni Morandi, Patty Pravo, Bianca Atzei), ha riscoperto il potere della parola esplorando una sensibilità diversa da quella espressa finora grazie alle sei corde.
Abbiamo ricevuto il progetto in anteprima e vi raccontiamo cosa abbiamo ascoltato.
“Una danza” apre il viaggio e ne fotografa intenti e obiettivi: nel primo verso si canta “la certezza che qualcosa di bello sia sempre a portata di mano“, nell’ultimo che “il dolore non può cancellare la nostra canzone” e entrambi risultano un’ideale anticipazione di un disco fortemente focalizzato sul bello e sui valori positivi.
Anche le sonorità, quasi battiatesche, introducono l’anima di un progetto indirizzato verso l’elettronica che spicca ancora di più in “Transitorietà”, con uno special che ha distorsioni vocali à la Bluvertigo. Il testo è uno dei più ispirati, denuncia l’eccessiva importanza data all’immagine tra cosmetici e chirurgia plastica ed invita ad accettare con serenità “l’universale transitorietà di ogni passaggio umano sulla terra“.
“Dannate e salve” è il brano dall’anima più pop, nasce in metro, canta di “anime lontane ma sedute così vicine” e ha atmosfere incalzanti che sfociano in un assolo di chitarra elettrica nello special.
“Il circo delle pulci” guarda invece inizialmente al cantautorato anni ’70 tra tinte intime e scarne, per poi arrivare a un crescendo rock nel finale: si discute su senso della vita, dubbi esistenziali e si elogia un valore ormai purtroppo dimenticato, la gentilezza.
“Il presidente” ha una grande componente narrativa e riflette come con i ritmi troppo veloci dell’oggi, tra isteria e delirio rituale, a volte si perdano le cose più curiose e le persone più speciali: “era invisibile alla gente, è diventato presidente“.
“Lo spazio che ci unisce” l’abbiamo già ascoltata circa un anno e mezzo fa ed è un pop-rock genuino e verace che si presenta come un flusso di energie positive e ricorda alcune cose di Eugenio Finardi e Brunori SAS: il verso con cui si apre il ritornello (“Siamo nati per creare qualcosa di sublime“) è un’altra delle frasi-manifesto dell’intero progetto.
“La vita così” è la ballad del disco ed è la canzone maggiormente figlia della pandemia: “avevo voglia di guardare il mare in questo inverno da dimenticare“, una melodia dolcissima in cui la nostra vita viene paragonata a quella di un naufrago incerto e illuso.
Con “Dove ricomincia tutto” si torna verso tinte rock, che qui guardano a quelle cupe del rock indipendente italiano anni ’90 di gruppi come Afterhours e Marlene Kuntz, riflettendo sull’importanza dei sogni e invitando a non avere rimpianti.
Le atmosfere unplugged de “La semifinale” chiudono il progetto raccontando la storia di uno sportivo che si ritrova a un passo dalla vittoria, non focalizzandosi però sulla felicità per un risultato appena raggiunto ma sulla “paura di essere il migliore” e sullo spettro della sconfitta perché “alla fine ci si ricorda solo del vincitore“.
“Ogni possibile imperfezione” è quindi un ottimo biglietto da visita di un cantautore che riesce a parlare di aspetti della vita quotidiana senza risultare mai banale ma anzi utilizzando un linguaggio a volte fuori dall’ordinario. E che, nonostante abbia dei precisi modelli che si sentono, è riuscito a trovare in pochi anni una sua poetica e una sua identità, oltre a una spiccata versatilità. La dimostrazione è tutta in “La vita così”: autore che viene dal rock, ma la vetta più alta di questo disco la tocca con una ballad.
Nick Tara