Siamo nel 1999: “50 Special” è la canzone più venduta dell’anno, “…Squérez?” – l’album in cui è contenuta – vende più di un milione e mezzo di copie, i Lunapop sono un vero e proprio fenomeno in odor di boyband che, come mai prima d’ora, scatena il fanatismo adolescenziale. Vengono prodotti anche zaini scolastici, quaderni, diari, astucci, album di figurine… Tutto per spingerli sempre di più verso quel nugolo di ragazzine urlanti che li segue ovunque. Cesare Cremonini, il frontman, è di fatto il loro idolo.
Questi panni però gli stanno fin da subito stretti, e a dirlo è proprio quell’album in cui si nota un suo spiccato talento nello scrivere sì tormentoni come “50 Special” o proposte teen come “Vorrei”, ma soprattutto pezzi decisamente maturi per la sua giovanissima età come l’evergreen “Un giorno migliore” o la meno nota “Niente di più”.
E quindi Cesare inizia a lavorare per scrollarsi di dosso quell’immagine: scioglie la band, ricomincia da zero, insegue una sua credibilità. I primi tre lavori da solista, usciti tra il 2002 e il 2008, sono proprio contraddistinti da una parte dalla ricerca di una strada tutta sua, e dall’altra dalla voglia di smarcarsi dai pregiudizi togliendo qualsiasi ammiccamento al pubblico adolescenziale. La scelta di chiudere ogni volta le tracklist con brani strumentali – tra piano solo e suite – dice di una volontà di evidenziare i suoi studi da musicista classico; la varietà di stili è invece segno di un’importante versatilità, ma anche di preparazione, dedizione, curiosità, passione.
E quindi se “Bagus” (2002) – lanciato dalla sperimentale “Gli uomini e le donne sono uguali” sia per sonorità che per approccio cantato – viaggia verso il brit-pop con qualche eco di rock (“Padremadre”) e senza dimenticare il pop più classico che tanta fortuna gli aveva portato prima (“Vieni a vedere perché”), “Maggese” (2005) guarda al passato con tinte decisamente vintage e nostalgiche: la title-track ricorda i Beatles, la hit “Marmellata #25” ha la malinconia tipica degli anni ’60, mentre con brani come “Sardegna” e “Momento silenzioso” fa un decisivo e definitivo passo verso il cantautorato.
Perché da lì sarà tutto in discesa: non parla più solo di sè stesso ma inizia a raccontare storie. Lo sentiamo ne “Il primo bacio sulla luna” (2008), che aggiunge anche una maggior complessità e ricerca negli arrangiamenti profondamente orchestrali (pensiamo agli archi de “Le sei e ventisei”); ed è ancor più evidente ne “La teoria ai colori” (2012) dove, tra il comico che ride anche se gli piange il cuore e il business man che s’innamora di una ballerina di jazz, sviluppa un linguaggio tutto suo che si muove con uguale efficacia tra le parentesi più intime (“Amor mio”) e quelle più spensierate (“I love you”).
“Logico”, due anni dopo, è la sua ideale prosecuzione: il narratore che è in lui lo vediamo nella storia dell’attore alla sua prima parte, dei genitori che vedono il loro amore affievolirsi, e raggiunge il suo apice con “Io e Anna”, brano pensato come sequel di “Anna e Marco” di Lucio Dalla; ma, allo stesso tempo, Cesare non ha più paura di essere legato alla leggerezza dell’estate di cui è re incontrastato prima con la title-track e poi con “Greygoose”.
Con “Possibili scenari” (2017) assistiamo a una nuova svolta: è il disco della libertà, complesso e allo stesso tempo mainstream, parla d’amore ma anche di immigrazione, ti uccide emotivamente con “Nessuno vuole essere Robin” (testo più bello dello scorso decennio) e ti fa ballare con “La isla”. Il singolo scelto come apripista, quella “Poetica” sinfonica e con atmosfere da crooner, fotografa la voglia di osare, di rimanere completamente fuori dai canoni del tempo, di allungare ancora di più la sua prospettiva.
E, se “Logico” era l’ideale prosecuzione di “La teoria dei colori”, oggi “La ragazza del futuro” – pubblicato lo scorso venerdì – lo è proprio di “Possibili scenari”.
Perché quello che è il suo settimo album di inediti è il culmine di questo percorso di crescita: un progetto coraggioso che, negli anni delle playlist, dell’ascolto frammentario, della gente che fatica a concentrarsi su due canzoni di seguito dello stesso artista, ridà dignità al concetto di tracklist. I brani necessitano infatti di essere ascoltati nella stessa sequenza in cui vengono proposti, sono tutti connessi tra loro anche grazie all’ausilio di quattro parti strumentali che fanno da collante, e collimano tutti in quello che è il tema centrale dell’album, il futuro.
Tema perfettamente anticipato dai primi due estratti, “Colibrì” e “La ragazza del futuro”, che ci danno gli strumenti necessari per affrontarlo nonostante un presente ricco di inquietudine: da una parte “Sai anche a me cadere fa paura, però noi siamo qui“, dall’altra “Ti sei persa in una strada, hai bisogno di un aiuto, sembri spaventata“. La soluzione è tutta nel verso “Cammina sopra il pavimento instabile del mondo e non aver paura, è solo un altro giorno“: bisogna vivere ballando sulle rovine del nostro tempo e andare verso ogni emozione possibile.
Una strada che prevede anche di focalizzarsi sui nostri sentimenti, che Cremonini racconta con una sincerità disarmante: ascoltate “Moonwalk” – brano dedicato al padre scomparso, e a un dolore con cui bisogna in qualche modo imparare a convivere, che conta di alcuni immagini davvero strazianti (“Come fossimo aquiloni vengo a raggiungerti […], tu nell’aria, dove sei […], insegnami a volare“) – o la dolce “La camicia”, sentito omaggio di un uomo innamorato alla propria donna (“Sai che stai bene nella mia vita, è proprio la tua“).
La penna del cantautore bolognese continua a muoversi nella tradizione cantautorale tracciata dai suoi grandi maestri, pur vestendola di attualità, e infatti questo disco si nutre di molti momenti “dalliani”: proprio su queste pagine vi avevamo raccontato di quanto “Colibrì” ereditasse quella scrittura sognante e fortemente immaginifica di Lucio, che vediamo anche ne “La fine del mondo”. E non è un caso che le presenti legate da un filo: prima ti porta in volo sulle ali di quel colibrì, poi in viaggio per il mondo con immagini apparentemente semplici ma estremamente funzionali (“Rallenta un po’, fammi vedere il leone” o “Cantano i delfini e portano segreti e novità“). Canzoni evocative, veri e propri film di 5 minuti: non ti limiti a sentirle, ma le vedi.
Il sogno nel disco si scontra però anche con la realtà e i suoi lati agrodolci che vediamo in “Chiamala felicità” – racconto sulla ricerca malinconica della felicità e sulla freddezza dei rapporti di oggi (“So dove sei, però non so più come stai“) invitando nel finale ad aprirsi all’ascolto degli altri (“Ma raccontami di te“) – e in “Stand up comedy”, il brano musicalmente più complesso e intrigante del progetto, con un inizio piano e voce, un lento inserirsi di archi e ritmica per poi evolversi tra chitarroni, batterie e distorsioni che ricordano il rock indipendente degli anni ’90.
La fotografia di un disco di grande varietà, che dà lo stesso valore ai testi e alla musiche e pretende di non suonare mai uguale: ai brani già citati, si aggiungono anche il mood funky di “Chimica”, la beatlesiana “Jeky” e l’elettronica “Psyco”.
“La ragazza del futuro” è così la perfetta combinazione tra poesia e concretezza, tra ricerca e immediatezza, tra forma e contenuto, tra coerenza e evoluzione. Dipende da tutto il lavoro fatto prima e racconta un artista maturo, con una personalità ben definita ma che rimane comunque predisposto al cambiamento: lo accoglie e quindi questo lo mostra sempre imprevedibile. È questa la bellezza di essere Cesare Cremonini: non sai mai cosa ti puoi aspettare da un suo disco, ma ogni volta riesce a rivelarsi come una piacevolissima sorpresa.
Nick Tara