Si dice che l’alba sia sempre un nuovo inizio ed è proprio quello che sembra voler inseguire Ultimo con il suo nuovo album, appunto “Alba“, pubblicato lo scorso venerdì 17 febbraio e già certificato disco d’oro. Un progetto che si presenta in netta contrapposizione con le tinte cupe e quasi claustrofobiche del precedente “Solo“: qui si respira voglia di libertà, di spazi aperti, di una maggior serenità. Missione portata a termine attraverso ballad più leggere, testi maggiormente positivi e apertura a nuove sonorità.
La title-track apre il progetto e ne è anche il suo momento forse meno immediato, ma non è un caso che Ultimo l’abbia scelta per partecipare all’ultima edizione del Festival di Sanremo, conclusa al quarto posto: ci troviamo di fronte a un artista che ha sempre seguito il suo cuore e mai quello che dice il mercato, e qui la sua volontà è stata quella di presentare qualcosa che viaggiasse all’opposto rispetto alla troppa velocità della nostra attualità musicale.
“Alba” si prende la pazienza di crescere piano piano, difficilmente può arrivare agli ascoltatori più distratti e, a livello di testo, rappresenta il manifesto dell’intero album: se un anno e mezzo fa Ultimo era chiuso in sè stesso e affrontava la sua solitudine, oggi si apre a “respirare l’aria pure tua” e ha l’obiettivo di tramandare un’idea di amore universale (“Se non amassimo soltanto i nostri simili“). C’è la voglia di superare i propri limiti e di migliorare, non solo verso sè stessi ma anche nei confronti degli altri esseri umani.
Un’attenzione verso l’altro che emerge anche in “Joker“, ispirata proprio al protagonista del film interpretato da Joaquin Phoenix. Il giovane cantautore romano ritrae gli aspetti di un personaggio che nasconde la sua sofferenza con una risata (“Mi sorridevi e confondevo il dolore“), diventato un cattivo a causa della mancanza d’amore (“Se solo avessi dato ascolto all’amore, se quel coltello avesse trovato un cuore“) e della scarsa attenzione del mondo nei suoi confronti (“Se solo il mondo avesse fatto attenzione, dietro un bandito esiste sempre il suo cuore“). Ne prende le parti senza lasciar spazio a fraintendimenti, schierandosi invece contro le persone che condannano chi commette un errore senza capirne prima il perché.
È un disco in cui però Ultimo parla anche di sè stesso, con la consueta verità e privo di sovrastrutture. A emergere di più qui è il desiderio di normalità: quando parliamo di lui, la mente va subito agli stadi pieni, ai 55 dischi di platino già conquistati, a tutti i record che ha infranto negli ultimi anni… e spesso ci dimentichiamo che è un ragazzo di soli 27 anni, con ancora i dubbi e le fragilità normali per chi ha la sua età. C’è quindi quasi la voglia di umanizzarsi davanti a chi lo vede solo al di sopra di un piedistallo su cui lui, peraltro, non si è mai posto. Mai un eccesso, mai uno sprazzo di superbia, mai un lasciarsi andare a quella boria di cui i social sono pieni zeppi. È semmai la gente ad avercelo messo, premiando la sua musica nata da un’esigenza: l’avrebbe fatta comunque, a prescindere dal risultato.
In diverse interviste, ha recentemente raccontato di come, a volte, passi per quello che non è perchè troppo timido, riuscendo quindi ad esprimersi veramente solo nelle canzoni. “Tu non sai che c’ho dentro” canta così nel brano che presenta il crescendo à la Ultimo per eccellenza, “Nuvole in testa“. È un manifestare la difficoltà nel far capire che, dietro un artista che – come tutti – può piacere o non piacere, c’è anche una persona che magari può soffrire gli attacchi che arrivano da chi si ferma alla superficie (“È sempre apparenza quel che infine poi conta, tu giudichi il mare da una stupida onda“).
In “Tu” rincara anche la dose, rivelando la volontà di sentire che “tra la gente esisto per quello che io sono e non per quello che ho scritto“, aggiungendo come “avere un ruolo da indossare non sai quanto pesa, semplicemente voglio essere come mi sento, a volte Ultimo, altre volte quel ragazzo incerto“. La musica è sì responsabile di questa sensazione di instabilità, ma rimane comunque sempre uno dei grandi amori della sua vita.
È lei che gli ha detto “ora vola” ed è lei a cui è rivolta “Le solite paure“, canzone che emerge come un nuovo manifesto dell’arte del cantautore, al pari di “Sogni appesi“. Un brano sentito, sofferto, sincero, in perenne bilico tra la serenità delle vette raggiunte e i dubbi enunciati prima. La musica l’ha “benedetto” ma, allo stesso tempo, “ha reso ogni goccia in grado di trafiggere il mio tetto“. Gli fa “sacrificare le giornate” per “riuscire a scrivere“, ma lui sente di dover continuare a dedicarle anima e corpo, anche come ringraziamento per l’aiuto ricevuto in passato (“Il pianoforte era qui quando il resto del mondo non c’era“). E, soprattutto, perché la sua proposta ha unito, costruendo un popolo accumunato dai suoi stessi valori. “E lo so bene, dovrei avere anch’io una vita, ma ho scelto di usar la mia per crearne una collettiva“, canta qui Ultimo, riferendosi a quell’esercito di “ultimi” che lui è riuscito a creare. Un popolo che si è anche sentito perdente ma poi è sempre riuscito a rialzarsi, ricco di incompresi, di fragili, di incerti, spesso anche di illusi perché vogliono realizzare i loro sogni senza scendere a patti con nessuno. Proprio come lui.
Altro elemento fondamentale in ogni disco di Ultimo è l’amore, che qui compare in tutte le sue sfaccettature. Ci sono quelli idilliaci della ballatona “Amare” e della suggestiva “La pioggia di Londra“, due brani che descrivono il sentimento come una salvezza. Nella prima, si canta che “Spesso non trovo risposte ai miei perché ma tu mi riporti, lo giuro, a capire che amare è l’unica strada che c’è“; nella seconda, ci si affida invece completamente alla propria compagna di vita: “È per questo che ti sto davanti e ad affido a te questo dolore, perché sembra tu possa salvarmi“.
C’è poi quello dei protagonisti di “Tutto diventa normale” che, dopo tanti anni insieme, diventa abitudine: “Non siamo più quei ragazzi sorpresi di amarsi, amore il tempo guarisce ma rende anche stanchi“. C’è il colpo di fulmine di quella “Sono pazzo di te” che farà sicuramente ballare il pubblico la prossima estate negli stadi. Ci sono i ricordi lasciati dalla storia adolescenziale della malinconica “Tornare a te” e, infine, quella che vive nel presente il suo capolinea in “Titoli di coda“, con i protagonisti che cercano di negarsi fino all’ultimo di essere arrivati alla fine del loro percorso insieme.
Una varietà di argomenti che si riflette anche nella varietà di suoni proposti, tali da rendere “Alba” l’album finora più completo, versatile e variegato del cantautore romano, che sceglie di portare la sua forte identità anche su nuove strade. Si era già capito con i singoli che hanno anticipato questa nuova era discografica – il pop con qualche sprazzo di elettronica di “Vieni nel mio cuore” e il pop-rock di “Ti va stare bene” – e lo vediamo oggi nell’r&b e nell’up-tempo delle già citate “Tu” e “Sono pazzo di te“. Sono un segno generale di questa volontà i tanti brani freschi presenti nel disco – forse mai così tanti in un suo progetto – e ne fa da emblema “Vivo per vivere“, un brano dove si torna al rap degli esordi ma in una chiave diversa, senza rabbia e con una totale spensieratezza.
Ultimo è oggi l’unico artista italiano sotto i 30 anni che porta a certi livelli questo tipo di musica, il cantautorato più profondo, melodico e tradizionale che, altrimenti, nei giovani rischierebbe sempre più di scomparire. È lui a volerlo tenere in vita e ha trovato il modo giusto per farlo, con un’identità spiccata e precisa che è comunque sempre stimolata dalla ricerca di nuove opportunità e argomenti. “Alba” è così la dimostrazione di un cantautore ancora giovane ma già al livello dei più grandi, e la sua crescita prosegue spedita senza incorrere in battute d’arresto.